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Le montagne incantate n. 165
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
fotografia
53x45.5
-
Ritratti
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
497x350 mm
1962
Le montagne incantate n. 139
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
124x151 mm
1964-1980
Le montagne incantate n. 185
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
fotografia
50.6x60
-
Opere medie © Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
250x350 mm
-
Le montagne incantate n. 145
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
fotografia
56x99
-
Giovane uomo che guarda una donna
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
disegno / carta / pennarello
190x270 mm
1970-1980
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+
Il disegno fa parte di una particolare raccolta riprodotta nel libro "A volte si fissa un punto...". Si tratta di una serie di volti bizzarri o evanescenti, realizzati prevalentemente con il pennarello (tranne quattro all’acquerello o tecnica mista). Le immagini sono associate a liberi ‘pensieri poetici’ di Michelangelo Antonioni, introdotti e conclusi dai testi di altri registri e letterati quali Carlo di Carlo, Carlo Muscetta, Alain Robbe-Grillet e Martin Scorsese.
Il primo disegno è accompagnato dalla seguente riflessione: "È passata una ragazza vestita di rosso. / Era un rosso diverso da tutti i rossi che conosco e so / che non lo rivedrò mai più perché era la ragazza a fare quel colore, / era la sua anima, la sua virtù, la sua carnalità." (fig. 1).
@it
Il primo disegno è accompagnato dalla seguente riflessione: "È passata una ragazza vestita di rosso. / Era un rosso diverso da tutti i rossi che conosco e so / che non lo rivedrò mai più perché era la ragazza a fare quel colore, / era la sua anima, la sua virtù, la sua carnalità." (fig. 1).
@it
Le montagne incantate n. 22
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera / carta / colla
9.2x11.5 cm
1964-1980
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+
Il ‘colore’ è parte essenziale della ricerca artistica di Michelangelo Antonioni e s’intreccia con il ‘bianco e nero’ della produzione cinematografica. Secondo Paini, quando avviene il passaggio alla “drammaturgia colorata” di “Deserto Rosso”, giace in Antonioni “un complesso del bianco e nero […] come ricordo latente, dentro al passaggio al colore, una rimozione plastica, in un certo senso, che non poteva che ripresentarsi insistentemente” (Paini in Ferrara 2013, p. 31).
Dopo “Cronaca di un amore”, “I vinti”, “Le amiche”, il nero de “La notte” o il bianco de “L’eclisse”, nella filmografia successiva, fuori dai confini italiani, si compie una dialettica tra due dimensioni. Il verde predominante dei giardini londinesi in “Blow Up” è, ad esempio, si rapporta al bianco-nero fondente delle immagini fotografate dal protagonista Thomas, mentre il cromatismo ‘primario e aggressivo’ dei media e della pubblicità, nella celebre scena finale di “Zabriskie Point”, assorbe e annulla il bianco ocra delle lande desertiche della Death Valley.
Il bianco associato al “silenzio” e il nero al “grido” sono equazioni fondamentali della narrazione antonioniana. Paini sostiene che il cineasta, nonostante le dichiarazioni di seguire necessariamente il colore perchè espressione della società contemporanea, oppone comunque una certa ‘resistenza’. Scrive il critico ed ex direttore della Cinémathèque francaise e del Centre National d'art et de culture Georges-Pompidou: “Senza questa resistenza, che appartiene secondo me alla sfera più profonda e segreta del suo inconscio, forse non sarebbe stato l’artista complesso e singolare che fu. Più che parlare di ‘ingresso nel colore’, direi che il maestro adottò un registro di ‘colori emotivi’, per usare una bella formula di Ezra Pound. Il colore costituiva il suo ‘inconscio ottico’, un inconscio rabbiosamente represso, anche se ne parlò molto e sin dai primi tempi (polarità argomentativa tipica del rifiuto). Senza la contorsione di questo rifiuto, l’opera di Antonioni semplicemente non sarebbe toccata a tal punto dalla bellezza”.
Queste acute argomentazioni si riallacciano all’attività complementare, o speculare, della pittura. “Le montagne incantate” rappresentano la manifestazione di una bellezza rarefatta e la “pratica assidua” di queste composizioni, che rimandano al cromatismo di Rothko, alle “Texturologies” di Dubuffet, alla materia pittorica quasi disfatta nella luce di Turner o ancora alle rocce mediterranee e ai paesaggi sabbiosi ripresi nei lungometraggi sopra citati, “ha garantito l’assenza di arroganza nell’arte cinematografica di Antonioni” (ivi, pp. 33-34).
@it
Dopo “Cronaca di un amore”, “I vinti”, “Le amiche”, il nero de “La notte” o il bianco de “L’eclisse”, nella filmografia successiva, fuori dai confini italiani, si compie una dialettica tra due dimensioni. Il verde predominante dei giardini londinesi in “Blow Up” è, ad esempio, si rapporta al bianco-nero fondente delle immagini fotografate dal protagonista Thomas, mentre il cromatismo ‘primario e aggressivo’ dei media e della pubblicità, nella celebre scena finale di “Zabriskie Point”, assorbe e annulla il bianco ocra delle lande desertiche della Death Valley.
Il bianco associato al “silenzio” e il nero al “grido” sono equazioni fondamentali della narrazione antonioniana. Paini sostiene che il cineasta, nonostante le dichiarazioni di seguire necessariamente il colore perchè espressione della società contemporanea, oppone comunque una certa ‘resistenza’. Scrive il critico ed ex direttore della Cinémathèque francaise e del Centre National d'art et de culture Georges-Pompidou: “Senza questa resistenza, che appartiene secondo me alla sfera più profonda e segreta del suo inconscio, forse non sarebbe stato l’artista complesso e singolare che fu. Più che parlare di ‘ingresso nel colore’, direi che il maestro adottò un registro di ‘colori emotivi’, per usare una bella formula di Ezra Pound. Il colore costituiva il suo ‘inconscio ottico’, un inconscio rabbiosamente represso, anche se ne parlò molto e sin dai primi tempi (polarità argomentativa tipica del rifiuto). Senza la contorsione di questo rifiuto, l’opera di Antonioni semplicemente non sarebbe toccata a tal punto dalla bellezza”.
Queste acute argomentazioni si riallacciano all’attività complementare, o speculare, della pittura. “Le montagne incantate” rappresentano la manifestazione di una bellezza rarefatta e la “pratica assidua” di queste composizioni, che rimandano al cromatismo di Rothko, alle “Texturologies” di Dubuffet, alla materia pittorica quasi disfatta nella luce di Turner o ancora alle rocce mediterranee e ai paesaggi sabbiosi ripresi nei lungometraggi sopra citati, “ha garantito l’assenza di arroganza nell’arte cinematografica di Antonioni” (ivi, pp. 33-34).
@it
Opere grandi © Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura ad acquerello / pittura a tempera
35x50 cm
-
Ritratti
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
500x353 mm
1962
Le montagne incantate n. 165
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
fotografia
53x45.5
-
Ritratti
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
497x350 mm
1962
Le montagne incantate n. 139
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
124x151 mm
1964-1980
Le montagne incantate n. 185
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
fotografia
50.6x60
-
Opere medie © Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
250x350 mm
-
Le montagne incantate n. 145
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
fotografia
56x99
-
Giovane uomo che guarda una donna
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
disegno / carta / pennarello
190x270 mm
1970-1980
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Il disegno fa parte di una particolare raccolta riprodotta nel libro "A volte si fissa un punto...". Si tratta di una serie di volti bizzarri o evanescenti, realizzati prevalentemente con il pennarello (tranne quattro all’acquerello o tecnica mista). Le immagini sono associate a liberi ‘pensieri poetici’ di Michelangelo Antonioni, introdotti e conclusi dai testi di altri registri e letterati quali Carlo di Carlo, Carlo Muscetta, Alain Robbe-Grillet e Martin Scorsese.
Il primo disegno è accompagnato dalla seguente riflessione: "È passata una ragazza vestita di rosso. / Era un rosso diverso da tutti i rossi che conosco e so / che non lo rivedrò mai più perché era la ragazza a fare quel colore, / era la sua anima, la sua virtù, la sua carnalità." (fig. 1).
@it
Il primo disegno è accompagnato dalla seguente riflessione: "È passata una ragazza vestita di rosso. / Era un rosso diverso da tutti i rossi che conosco e so / che non lo rivedrò mai più perché era la ragazza a fare quel colore, / era la sua anima, la sua virtù, la sua carnalità." (fig. 1).
@it
Le montagne incantate n. 22
© Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera / carta / colla
9.2x11.5 cm
1964-1980
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Il ‘colore’ è parte essenziale della ricerca artistica di Michelangelo Antonioni e s’intreccia con il ‘bianco e nero’ della produzione cinematografica. Secondo Paini, quando avviene il passaggio alla “drammaturgia colorata” di “Deserto Rosso”, giace in Antonioni “un complesso del bianco e nero […] come ricordo latente, dentro al passaggio al colore, una rimozione plastica, in un certo senso, che non poteva che ripresentarsi insistentemente” (Paini in Ferrara 2013, p. 31).
Dopo “Cronaca di un amore”, “I vinti”, “Le amiche”, il nero de “La notte” o il bianco de “L’eclisse”, nella filmografia successiva, fuori dai confini italiani, si compie una dialettica tra due dimensioni. Il verde predominante dei giardini londinesi in “Blow Up” è, ad esempio, si rapporta al bianco-nero fondente delle immagini fotografate dal protagonista Thomas, mentre il cromatismo ‘primario e aggressivo’ dei media e della pubblicità, nella celebre scena finale di “Zabriskie Point”, assorbe e annulla il bianco ocra delle lande desertiche della Death Valley.
Il bianco associato al “silenzio” e il nero al “grido” sono equazioni fondamentali della narrazione antonioniana. Paini sostiene che il cineasta, nonostante le dichiarazioni di seguire necessariamente il colore perchè espressione della società contemporanea, oppone comunque una certa ‘resistenza’. Scrive il critico ed ex direttore della Cinémathèque francaise e del Centre National d'art et de culture Georges-Pompidou: “Senza questa resistenza, che appartiene secondo me alla sfera più profonda e segreta del suo inconscio, forse non sarebbe stato l’artista complesso e singolare che fu. Più che parlare di ‘ingresso nel colore’, direi che il maestro adottò un registro di ‘colori emotivi’, per usare una bella formula di Ezra Pound. Il colore costituiva il suo ‘inconscio ottico’, un inconscio rabbiosamente represso, anche se ne parlò molto e sin dai primi tempi (polarità argomentativa tipica del rifiuto). Senza la contorsione di questo rifiuto, l’opera di Antonioni semplicemente non sarebbe toccata a tal punto dalla bellezza”.
Queste acute argomentazioni si riallacciano all’attività complementare, o speculare, della pittura. “Le montagne incantate” rappresentano la manifestazione di una bellezza rarefatta e la “pratica assidua” di queste composizioni, che rimandano al cromatismo di Rothko, alle “Texturologies” di Dubuffet, alla materia pittorica quasi disfatta nella luce di Turner o ancora alle rocce mediterranee e ai paesaggi sabbiosi ripresi nei lungometraggi sopra citati, “ha garantito l’assenza di arroganza nell’arte cinematografica di Antonioni” (ivi, pp. 33-34).
@it
Dopo “Cronaca di un amore”, “I vinti”, “Le amiche”, il nero de “La notte” o il bianco de “L’eclisse”, nella filmografia successiva, fuori dai confini italiani, si compie una dialettica tra due dimensioni. Il verde predominante dei giardini londinesi in “Blow Up” è, ad esempio, si rapporta al bianco-nero fondente delle immagini fotografate dal protagonista Thomas, mentre il cromatismo ‘primario e aggressivo’ dei media e della pubblicità, nella celebre scena finale di “Zabriskie Point”, assorbe e annulla il bianco ocra delle lande desertiche della Death Valley.
Il bianco associato al “silenzio” e il nero al “grido” sono equazioni fondamentali della narrazione antonioniana. Paini sostiene che il cineasta, nonostante le dichiarazioni di seguire necessariamente il colore perchè espressione della società contemporanea, oppone comunque una certa ‘resistenza’. Scrive il critico ed ex direttore della Cinémathèque francaise e del Centre National d'art et de culture Georges-Pompidou: “Senza questa resistenza, che appartiene secondo me alla sfera più profonda e segreta del suo inconscio, forse non sarebbe stato l’artista complesso e singolare che fu. Più che parlare di ‘ingresso nel colore’, direi che il maestro adottò un registro di ‘colori emotivi’, per usare una bella formula di Ezra Pound. Il colore costituiva il suo ‘inconscio ottico’, un inconscio rabbiosamente represso, anche se ne parlò molto e sin dai primi tempi (polarità argomentativa tipica del rifiuto). Senza la contorsione di questo rifiuto, l’opera di Antonioni semplicemente non sarebbe toccata a tal punto dalla bellezza”.
Queste acute argomentazioni si riallacciano all’attività complementare, o speculare, della pittura. “Le montagne incantate” rappresentano la manifestazione di una bellezza rarefatta e la “pratica assidua” di queste composizioni, che rimandano al cromatismo di Rothko, alle “Texturologies” di Dubuffet, alla materia pittorica quasi disfatta nella luce di Turner o ancora alle rocce mediterranee e ai paesaggi sabbiosi ripresi nei lungometraggi sopra citati, “ha garantito l’assenza di arroganza nell’arte cinematografica di Antonioni” (ivi, pp. 33-34).
@it
Opere grandi © Enrica Antonioni
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura ad acquerello / pittura a tempera
35x50 cm
-
Ritratti
opere d'arte
Antonioni Michelangelo (1912/ 2007)
dipinto / carta / pittura a tempera
500x353 mm
1962