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Sinossi: Zabriskie point (1970)
Reduce dal successo di Blow Up, Antonioni firma con Zabriskie Point la sua seconda pellicola internazionale. Questa volta la sua attenzione è catturata dalla realtà americana della fine degli anni Sessanta, una realtà segnata tanto dai fermenti della controcultura quanto dagli imperativi del benessere, dalle rimostranze degli studenti quanto dalla dura repressione della polizia.
Sullo sfondo di simili tensioni si consuma, nei pressi della Death Valley in California, l’amore fra due giovani che paiono in qualche modo sintetizzare gli umori del periodo. Lui, Mark (Mark Frechette), è in fuga su un aereo rubato perché sospettato di aver sparato a un agente; lei, Daria (Daria Halprin), è la segretaria di un’agenzia pubblicitaria in viaggio per lavoro. Scopertisi affini, i ragazzi si abbandoneranno a un sognante incontro erotico fra le dune di Zabriskie Point. Ma la natura contraddittoria dei tempi incombe: deciso a restituire l’aereo, Mark sarà ucciso dalla polizia, mentre Daria, appresa la notizia, cercherà riparo nella forza eversiva della fantasia. Nell’epilogo volutamente delirante del film, sorretto dalle note dei Pink Floyd, la giovane immagina l’esplosione della villa del proprio capo e di tutti quegli oggetti che ne attestano l’adesione ai dettami del consumo.
Grazie a sequenze memorabili, Zabriskie Point è diventato un riferimento iconografico imprescindibile. Eppure, alla sua uscita raccolse critiche contrastanti. Obiezione diffusa fu che Antonioni avesse semplificato la complessità socio-politica degli Stati Uniti. Accanto a tanti documenti relativi alla genesi del soggetto, alcune fonti custodite nell’archivio consentono piuttosto di rivedere tali posizioni. Se in una lettera al regista Daria Halprin si rimprovera di non aver adeguatamente rappresentato la gioventù statunitense ‒ avvallando così l’idea di un’opera distante dalla vera identità del Paese ‒, altri materiali conducono a differenti valutazioni. In “Appunti e note” troviamo ad esempio un fascicolo di interviste a soggetti coinvolti a vario titolo nelle rivolte americane coeve. Come già accaduto nel caso di Blow Up, queste interviste preliminari per la stesura dello script testimoniano un’indubbia tensione documentaristica da parte di Antonioni. Una tensione che, non meno dell’afflato poetico che notoriamente caratterizza il film, deve aver contribuito al risultato finale.