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Sinossi: Blow up (1966)
Calato nell’effervescente atmosfera della Swinging London, Blow Up si segnala come il primo lungometraggio “internazionale” di Antonioni. Pur ispirandosi a un racconto di Julio Cortázar dall’ambientazione parigina, la regia sposta l’azione nella capitale britannica degli anni Sessanta. Sullo sfondo di questo colorato crocevia di sperimentazioni artistiche, musica rock ed edonismo, Thomas (David Hemmings), un brillante fotografo di moda, si ritrova coinvolto per caso in un episodio criminale. Nel momento dello sviluppo e dell’ingrandimento, alcune foto scattate di nascosto a una coppia in un parco sveleranno all’uomo la probabile messa in atto di un delitto. Ma come già accaduto nel precedente cinema antonioniano, il giallo è solo un pretesto: Blow Up mira piuttosto a una riflessione sull’indecifrabilità del reale e sullo statuto ambiguo dell’immagine fotografica. Aspetto, quest’ultimo, che alimenta inevitabili parallelismi fra la figura del fotografo e quella dello stesso regista.
Se è nota la ricchezza interpretativa stimolata dalla pellicola, può forse sorprendere ritrovare nell’archivio numerosi materiali che attestano un’ansia di accuratezza quasi documentaristica nell’ideazione del personaggio principale. All’interno della sottosezione “Scritti e note”, il fascicolo Serie di reportage su fotografi di moda per ricerche preliminari di Blow Up conserva, ad esempio, un questionario sulle abitudini dei professionisti dell’obiettivo e dei pittori più in auge sulla scena londinese. A tali interrogativi risponde in parte la ricerca commissionata al giornalista Anthony Haden-Guest, mentre gli appunti dello scrittore Francis Wyndham sui grandi fashion photographers Brian Duffy, Terence Donovan e David Bailey non lasciano dubbi su quali personalità reali abbiano modellato il protagonista. Lo stesso erotismo del film ‒ si pensi all’audace sessione con Veruschka ‒ pare attingere al disinibito stile di vita descritto da queste indagini. Più in generale, simili documenti preparatori suggeriscono che Antonioni, con Blow Up, non volesse solo esibire una profondità filosofica ma anche riprodurre lo spirito di un’epoca, le sue figure più iconiche, i suoi fermenti innovativi.