Approfondimenti

Tonino Guerra

«Un confessore laico, un interlocutore evidentemente indispensabile a stimolare l’immaginario dei grandi visionari del cinema europeo»: così Callisto Cosulich sintetizza l’indimenticabile apporto di Tonino Guerra in veste di sceneggiatore.

Poeta dialettale fin dagli anni Quaranta ‒ vocazione, questa, scoperta durante la prigionia in Germania ‒, Guerra diventa autore per il grande schermo agli inizi del decennio successivo, quando dalla natia Romagna si trasferisce nella capitale. Il fortunato incontro con il cinema non eclisserà affatto il suo originario interesse per la poesia e per la prosa. Al contrario si imporrà nel panorama culturale postbellico come presenza versatile e completa, capace di offrirsi tanto all’introspettiva attività di scrittore quanto alla dimensione collettiva tipica del film.

Proprio in questo secondo ambito spicca su tutte la collaborazione straordinariamente prolifica e longeva con Michelangelo Antonioni, che Guerra conosce a Roma alla fine degli anni Cinquanta, quando è reduce dalle prime esperienze cinematografiche al servizio di Giuseppe De Santis e Aglauco Casadio. Da questo momento in poi, lo sceneggiatore parteciperà alla scrittura della quasi totalità delle opere dirette dal regista ferrarese, inclusi i capolavori della tetralogia e quelli del periodo internazionale come Blow Up (1966) e Zabriskie Point (1970), ma anche i risultati sofferti e coraggiosi della tarda maturità come Identificazione di una donna (1982), Al di là delle nuvole (1995) e l’episodio del film corale Eros (2004).

Nel caso di sceneggiature scritte a più mani è estremamente difficile circoscrivere il contributo di ciascun autore al risultato finale del film. Neppure un caso prestigioso come quello di Tonino Guerra si sottrae del tutto a un simile destino e i materiali dell’archivio illuminano solo di sfuggita la reale natura del suo quarantennale sodalizio con Antonioni. Tuttavia, possono ugualmente risultare interessanti alcuni frammenti in cui quest’ultimo si esprime sul suo storico collaboratore. Per esempio si veda il confronto che il regista accenna fra Guerra e un altro sceneggiatore per lui fondamentale come Elio Bartolini. Alla personalità verace del primo, per cui «sono più le cose che lo appassionano di quelle che non lo appassionano», si oppone quella meno “esuberante” del secondo, «che ha interessi precisi, limitati, ma violenti» (8D/1, c. 35). O ancora, si veda un altro appunto in cui Antonioni, con affettuosa ironia, si interroga su come possano convivere in Tonino Guerra la «carica vitale […], sanguigna quasi selvatica» dell’uomo con quella solitaria e severa del poeta (8C/7, fasc. 57A).

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