Approfondimenti

Discoteca

La discoteca personale di Michelangelo Antonioni, composta di più di 1.400 vinili, dimostra che le riserve nei confronti della musica nel cinema manifestate dal regista nelle interviste non dipendevano da uno scarso interesse verso questo mezzo di espressione. Nonostante l’eclettismo che anima la collezione è possibile classificare la maggior parte degli album in tre grandi sottogruppi: musica classica, jazz e rock.

Il settore dedicato alla musica colta, composto da più di 350 dischi, si concentra soprattutto sull’epoca classica e romantica (Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Schumann), con diverse incursioni nel periodo barocco e nel ’900 (Ravel, Stravinskij, Prokof’ev, Bartók, Schönberg, Berio). Salta agli occhi una forte presenza della musica sacra, dai mottetti di Pierluigi da Palestrina agli oratori di Bach e di Händel, dal Requiem di Mozart a quello di Verdi. Tra le non numerosissime opere liriche (poco più di una trentina) prevalgono quelle italiane (Monteverdi, Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini) e tedesche (Wagner, Strauss). La collezione dedicata al jazz, alquanto più esigua, non raggiunge i 150 vinili. Qui le scelte di Antonioni privilegiano le nuove tendenze degli anni ’60 e ’70, dal free jazz di Ornette Coleman, Archie Sheep e Albert Ayler alla fusion di Chick Corea, Keith Jarret e Herbie Hancock, mentre il periodo classico è documentato prevalentemente dalla collana monografica “Il jazz” (1969-1970). La sezione più vasta (oltre i 400 album) è quella dedicata alla musica pop, rock e folk anglo-americana della seconda metà degli anni ’60 e dei primi anni ’70, con qualche rara incursione nella new wave degli anni ’80. Tra gli autori più rappresentati Bob Dylan, i Rolling Stones, i Pink Floyd, i Beatles, Frank Zappa e David Bowie. Le molteplici curiosità del regista spaziano dall’hard rock al progressive, dalla canzone folk e di protesta americana degli anni ’60 a musicisti e gruppi di confine fra il rock e l’avanguardia quali Robert Wyatt o i Gong. Scaturita senz’altro dall’incontro con la controcultura giovanile anglosassone di fine anni ’60 durante la lavorazione di Blow Up (1966) e di Zabriskie Point (1970), questa passione per la popular music mostra un’apertura mentale che appare sorprendente da parte di un artista ultracinquantenne operante in un contesto culturale assai poco “rockettaro” come quello italiano dell’epoca.

Per finire, la discoteca di Antonioni consente di ripercorrere i principali apporti musicali alla sua filmografia. Così il compositore Giovanni Fusco, collaboratore fisso del regista dall’esordio ai primi anni ’60, è presente con il 45 giri della canzone Eclisse twist (1962) di Mina, composta per il film omonimo su parole dello stesso Antonioni; il pianista Giorgio Gaslini, che accompagna con il suo quartetto jazz La notte (1961), è ampiamente rappresentato, cosi come i già citati Pink Floyd, autori del brano Careful With That Axe, Eugene, presente nel celebre finale di Zabriskie Point. Non mancano infine la band inglese The Yardbirds, presente anche fisicamente in Blow Up, il gruppo elettronico tedesco Tangerine Dream, molto amato da Antonioni che lo utilizza nella colonna sonora di Identificazione di una donna (1982), e la cantante italiana Gianna Nannini, per la quale il regista ha diretto il videoclip della canzone Fotoromanza (1984).

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